La Parola di Dio

Guai!

Mentre agli orecchi dei ricchi, dei sazi e dei gaudenti suona il triste ritornello “Guai!

Il brano del Vangelo di oggi presenta una pagina a prima vista strana e quasi incomprensibile ma ricca di significato, tanto da essere una specialità: come quando si va in un ristorante di alto livello e viene ostentata la specialità del luogo, così accostandoci al Vangelo di Luca ci è offerta la specialità della pagina delle beatitudini (6,17.20-26).

A differenza di Matteo, Luca presenta quattro beatitudini seguite subito da quattro disastri.

Gli appartenenti alla prima categoria sono chiamati “Beati” mentre i secondi sono messi in guardia con l’esclamazione “Guai!”. E fin qui tutto ok.

La faccenda si fa complicata quando si nota che a godere dell’aggettivo “Beati” sono i poveri, i bisognosi, i dolenti e i perseguitati; mentre agli orecchi dei ricchi, dei sazi e dei gaudenti suona il triste ritornello “Guai!”.

Verrebbe voglia di ribellarsi quando si parla di una beatitudine diversa da quella che desideriamo!

Ma Gesù non chiama beati i disgraziati per la loro condizione miserevole, né tantomeno vuole che l’uomo ricerchi tale stato, piuttosto vuol far capire che sperimentando l’indigenza si è più aperti alla speranza e all’accoglienza dei doni di Dio, nonché alla gratitudine. E qui non si tratta solo di povertà materiale e disgrazie della vita quanto piuttosto si fa luce sull’umiltà di chi si affida, di chi sente l’appoggio di Dio nelle esperienze difficili e impegnative. Sì, beati perché possono contare su quel Dio che riempie di speranza e di senso ogni stagione della vita.

Al contrario chi pensa di avere già tutto, chi crede di essere qualcuno per i brillanti risultati ottenuti davanti al mondo, rischia di prendere la strada dell’autosufficienza mettendo da parte anche il Padre eterno: chissà perché non considera che tanta gloria è destinata a passare, e magari anche presto?!

Il Signore non dice “Guai!” per impaurire o minacciare ma, è come la nostra buona mamma quando, per farci evitare cose cattive, ci diceva da bambini: “Guai a te …!”.

C’è da ridimensionare il concetto di beatitudine. Beatitudine è l’essere felice, una felicità da raggiungere ad ogni costo, per questo ci affanniamo da mattina a sera e corriamo alla ricerca di qualcosa che ci sfugge sempre di mano: ci illudiamo che quando avremo un bel lavoro, una solidità economica, una bella casa saremo felici. Chi raggiunge questi obiettivi, invece, avrà un’amara sorpresa: non basteranno! E così inizierà una nuova rincorsa alla ricerca di altri traguardi …

La felicità non è la meta ma la strada che mi porta alla meta. La felicità non è solo “stare bene” ma “vivere bene” tutto ciò che c’è da vivere.

Allora alziamo il nostro sguardo, perché quelli che guardano solo alla terra “hanno già ricevuto la loro consolazione”, alziamo il nostro sguardo laddove c’è il Signore che dice: “La vostra ricompensa è grande nel cielo!”.

Buona Domenica. Don Stefano

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