La Parola di Dio

Io non credo

La figura di Tommaso è lo specchio di ciascuno di noi: «Se non vedo … se non tocco … io non credo!»

Il brano del Vangelo che ci viene presentato in questa Domenica pasquale, possiamo sicuramente affermare che tocca veramente tutti (Gv  20,19-31).

É la sera del giorno di Pasqua. Dopo che Pietro e il discepolo amato sono corsi al sepolcro e Maria Maddalena ha annunciato a tutto il gruppo quello che il Signore le aveva detto, i discepoli rimangono blindati in casa. Sono pieni di timore e non sanno cosa fare, sono smarriti. C’è aria di paura in quella casa: paura dei giudei, sì, ma anche paura della propria vita, del comportamento tenuto nella notte del tradimento di Gesù, paura del domani …  Immagino i lunghi silenzi di quelle ore, che sembravano non passare mai!

Ma Gesù, ancora una volta li sorprende, si presenta in mezzo a loro, nonostante il loro cuore inaffidabile. E’ vero, ne hanno combinate ma lui non li abbandona. E come ha fatto con loro così fa anche con noi. Mi conforta veramente pensare che se trova chiuso lui non se ne va; se tardo ad aprire, otto giorni dopo è ancora lì. Siamo noi che fuggiamo e ci nascondiamo, ma lui viene a cercarci; in qualunque guaio ci mettiamo, lui rimane con noi. Siamo suoi, ci ama.

E poi porta la pace “Pace a voi!”. In ebraico “Shalom” non vuol dire solo “pace” ma significa pienezza di ogni bene, armonia nel cuore e nelle relazioni con gli altri, significa il bene assoluto: questa è la pace che lui lascia ai suoi come dono pasquale!

La figura di Tommaso è lo specchio di ciascuno di noi: «Se non vedo … se non tocco … io non credo!». La sua ostinatezza è rimasta nei secoli come proverbiale: povero Tommaso, in realtà non era peggiore degli altri: vuole delle garanzie ed ha pure ragione perché se non è vero, niente di speciale, ma se è vero che Gesù è risorto e vivo tutta la sua vita dovrà cambiare, ne risulterà completamente rovesciata. Allora c’è da essere sicuri!

Tommaso si arrende non ai suoi occhi o al suo toccare, ma a questa esperienza che Gesù gli fa vivere nel farsi a lui vicino. Quella “pace” offerta dal Signore scende sulle sue sconfitte, sulle sue paure, come pure scende sulle nostre chiusure e i nostri limiti.

L’apostolo, che per ultimo giunge alla fede piena, arriva a dire “Mio Signore e mio Dio!”. “Mio”, sì, perché ormai è conquistato dall’amore di Gesù, che dalle ferite nelle mani ora fa passare la sua luce intramontabile.

Un ultimo particolare: Tommaso, ci dice il Vangelo, era chiamato in ebraico “Dìdimo”, che vuol dire “gemello”. Era gemello, ma non si dice mai di chi. Forse l’evangelista non lo nomina perché il gemello di Tommaso sono io, sei tu, siamo noi. Siamo suoi gemelli perché siamo in ricerca, perché non ci accontentiamo, perché vogliamo vedere e toccare il Risorto.

Siamo suoi gemelli perché, nonostante le nostre limitatezze, desideriamo lasciarci raggiungere da quella presenza che assicura vita. Siamo la Chiesa peccatrice ma in cammino sulle orme del Signore risorto.

Bravo Tommaso: ti sentiamo tanto vicino. Fa’ che davanti a Gesù risorto anche noi possiamo intenerire il nostro rigore, sciogliere dubbi e paure ed esprimere una bella fede, quella  che sostiene i nostri passi.

Buona Domenica. Don Stefano

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