I Beati…..
Dopo il battesimo al Giordano, la chiamata dei primi discepoli, Gesù si mette in cammino e comincia ad annunziare la Parola, una Parola nuova, proprio perché viene direttamente da Dio.
Vedendo tanta gente al suo seguito, sale sull’altura e proclama delle parole strane, parole che nessuno aveva mai sentito o immaginato di ascoltare (Mt. 5,1-12a).
E’ un passo fondamentale del Vangelo dove ci è messa davanti la caducità delle realtà nelle quali il mondo pone fiducia ed esalta invece ciò che il mondo scarta e contesta.
Il Signore ci propone di mettere in discussione le nostre sicurezze, spesso inconsistenti o fasulle, per disporci a rischiare su cammini nuovi, nella certezza che Lui è con noi per accompagnarci e condividere quel cammino.
“Beati …” inizia così il suo discorso, e per diverse volte scandisce questo ritornello: “Beati!”.
Ma i “beati” non sono i ricchi e i furbi, non sono i divi dello spettacolo o dello sport, non sono i capi che pensano di avere in mano le sorti dei popoli; sono invece i poveri in spirito, i miti, coloro che piangono, quanti cercano la giustizia e la pace e non riescono a goderne e perfino chi soffre ingiustamente …
Ma attenzione: sono detti beati i poveri, non la povertà; sono beati gli uomini, non le situazioni. Dio è con i poveri contro la povertà.
Beati quelli che sono nel pianto: Dio è dalla parte di chi piange, ma non dalla parte del dolore. È la beatitudine più paradossale: felice chi non è felice. Ma non perché la felicità si trovi nel piangere, ma perché accade una cosa nuova, viene detto: “Voi che piangete, avanti, Dio cammina con voi, asciuga le vostre lacrime, fascia il vostro cuore, vi apre al futuro!”.
Ecco allora la rivoluzione: possiamo essere e sentirci “beati” del nostro limite, della nostra debolezza, che Dio trasfigura per sua grazia.
Mosè aveva lasciato il codice delle leggi, a cui gli ebrei erano attaccati a tal punto dal sentirsi puri e beati solo per aver osservato gli articoli della legge.
Gesù, nuovo Mosè, promette la vera beatitudine, la felicità profonda, che è il vero motore del bene. Una morale fondata sul “Devi …, devi .., devi …” alla fine non produce che tristezza e cattiveria.
Quello che veramente muove a fare il bene è la promessa di esser beati e di trovare felicità in quel che facciamo, anche se ci costa, perché sostenuti da lui.
Buona Domenica. Don Stefano.