La Parola di Dio

Cristo vite, io tralcio!

Cristo vite, io tralcio! Io e lui la stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa.

Siamo alla quinta Domenica di Pasqua e ci accompagna ancora il Vangelo secondo Giovanni (15,1-8), presentandoci quest’oggi la similitudine della vite e dei tralci.

Questa immagine evoca gli antichi scritti dei profeti, laddove si narra che Dio ha una vigna e si parla di una vigna e di una vite che non sono all’altezza delle attese di Dio. Qui invece è introdotta una novità assoluta: la vite è Gesù e finalmente è all’altezza delle attese di Dio!

Poi un passaggio ulteriore: Cristo vite, io tralcio! Io e lui la stessa pianta, stessa vita, unica radice, una sola linfa.

Noi siamo prolungamento di quel ceppo, siamo composti della stessa materia come scintille di un braciere, come gocce dell’oceano, come il respiro nell’aria. Lui scorre dentro di noi, spinge la linfa fino all’ultimo tralcio perché vuole tutti più vivi e più fecondi.

Singolare la figura del Padre, che è l’agricoltore. Ma com’è bello un Dio contadino che si dà da fare intorno a me, che non impugna lo scettro ma la zappa, che non siede sul trono ma sul muretto della mia vigna!

Poi c’è l’accenno anche ad un’operazione apparentemente dolorosa: la potatura. Ma potare la vite non significa amputare bensì togliere il superfluo, ciò che danneggia alla pianta, per dare più forza e spazio al nuovo. La potatura è un dono per la pianta. Quante volte viviamo la tentazione dello smarrimento! E’ il momento della potatura, il sentirsi punti non per morire ma per sfoltire la selva dei nostri malanni e respirare con più libertà e leggerezza l’amore immenso del divino Agricoltore.

Il Vangelo non parla soltanto di rimanere il lui, ma di un rimanere vicendevole: «Chi rimane in me e io in lui».

Nel rimanere uno nell’altro si realizza la vera comunione di vita e si esprime la vera Chiesa.

Buona Domenica. Don Stefano.

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