La Parola di Dio

Il giudizio universale

E’ la scena potente e drammatica del “giudizio universale”, la rivelazione di ciò che rimane quando non rimane più niente: l’Amore.

questa ultima Domenica dell’anno liturgico celebriamo la festa di Cristo Re; che è lui il Re, il Signore, lo sappiamo ma il brano del Vangelo che ci è proposto ci fa capire la vera regalità di Gesù, perché non è un Re come gli altri re, ma un Re speciale (Mt 25,31-46). E’ la scena potente e drammatica del “giudizio universale”, la rivelazione di ciò che rimane quando non rimane più niente: l’Amore.

Il Signore divide l’umanità in due settori, che noi comunemente chiamiamo “i buoni e i cattivi”. Poi scopre, mette a nudo la vita di ciascuno; ma l’argomento del giudizio non è il male ma il bene, perché le bilance di Dio non sono tarate sui peccati ma sulla bontà.

Infatti quelli che nel Vangelo vengono posti alla sinistra, di quale colpa sono rei? Non di aver fatto il male, ma di non aver fatto il bene. Il loro peccato è il più grave, è l’omissione: non hanno fatto il bene, non hanno dato nulla alla vita. Non basta giustificarsi dicendo: “Io non ho mai fatto del male a nessuno!”. Perché si fa del male anche con il silenzio, si uccide anche con lo stare alla finestra; non impegnarsi per il bene comune, restando a guardare, è già farsi complici del male comune.

E per noi: le nostre mani sono pulite? Bene! Ma non è che sono anche vuote, vuote d’amore?

E’ tremendo questo Gesù, che ripete: “L’avete fatto a me!” oppure “Non l’avete fatto a me!”. Dio infatti è nascosto ma non è assente. Noi, purtroppo, spesso confondiamo il nascondimento di Dio con la sua assenza e così perdiamo tante occasioni di incontro, tante occasioni d’amore.

E’ un Re che va saputo vedere sotto spoglie sconosciute, sotto le spoglie dei “piccoli” perché lì vive: nel più piccolo si ritrova il più grande.

Nel XVI secolo San Giovanni della Croce diceva: “Alla sera della vita, ciò che conta è aver amato”, perché ci sarà chiesto se la sua Parola ascoltata a Messa si sarà trasformata in pane per chi aveva fame, in acqua per chi aveva sete, in accoglienza per chi era straniero, in vestiti per chi era nudo, in conforto a chi era malato, in visite a chi era carcerato.

Quando servo il povero forse salvo lui, ma certamente salvo me stesso.

Buona Domenica. Don Stefano

Lascia un commento