La Parola di Dio

La Domenica del Buon Pastore

La quarta Domenica di Pasqua è chiamata la Domenica del Buon Pastore, perché il Vangelo ci presenta la figura di Gesù Pastore del grande gregge dell’umanità.

Gesù è un Pastore speciale (Gv 10,1-10) perché non chiama le sue pecore con un fischio o con un segnale generico, “le chiama ciascuna per nome”! Quale pastore ha dato un nome a tutte le pecore? Ad alcune sì, magari a molte, ma le centinaia di pecore del suo gregge chi può distinguerle e ricordarle? Chi perde tempo a recitare ogni mattina tutta la litania dei loro nomi? Per Gesù il gregge non è anonimo né omologato: io gli sto a cuore, non mi confonde con nessun altro, anche in mezzo alla massa mi identifica chiaramente.
Poi il Pastore “entra per la porta, conduce fuori le pecore, cammina davanti a loro e dà la vita in abbondanza”: si tratta proprio della presenza di Dio che chiama alla libertà e alla vita, come in antico ha spinto il popolo nell’uscita dall’Egitto e ha camminato davanti a loro lungo il pellegrinaggio nel deserto.
Le pecore da parte loro “seguono il pastore perché conoscono la sua voce”. È una definizione molto bella di come dovrebbe essere un discepolo: Gesù ci vuole così. Può sembrare banale, ma è davvero fondamentale saper riconoscere la voce del Pastore tra le mille assordanti grida che ci stordiscono. L’evangelista, che altrove si dilunga a parlare della “Parola”, del “Verbo” di Dio, qui non fa riferimento ad alcuna parola ma solo alla “Voce”. Infatti la voce, come lo sguardo, l’odore della pelle, il modo di camminare e di ridere, la forza nello stringere la mano … sono gesti estremamente personali. La voce conosciuta permette di identificare subito una persona nella sua originalità e unicità. Questa voce va ascoltata. E se le pecore sanno distinguere la sua voce per seguirla, noi non dovremmo essere più attenti delle pecore?!
Questa bella pagina poi introduce un altro personaggio: il ladro. Il ladro ruba e distrugge, è il nemico.
Com’è vero anche per noi! Il nemico ci stordisce con la paura e ci rintrona con tutte le tentazioni possibili.
In pochi versetti troviamo una sintesi bellissima dell’esperienza cristiana, ma l’immagine che sta al centro del brano è quella della porta: “Io sono la porta”. Gesù non si paragona al recinto, a un muro di protezione dentro il quale si può stare tranquilli e sicuri. No, è porta e porta aperta, passaggio, transito; è la porta attraverso la quale possiamo uscire dalle tenebre della schiavitù verso la luce della vita, perché la sua risurrezione ha aperto il passaggio alla vita piena. E’ porta tra cielo e terra presso la quale ci attende, infatti ricorda a parole chiare: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiamo in abbondanza”.
Buona Domenica. Don Stefano

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