La Parola di Dio

Non potete servire Dio e la ricchezza

Infine Gesù condanna la ricchezza e soprattutto colui che fa il furbo, giocando a suo favore con le ricchezze del mondo, credendosi comunque discepolo: “Non potete servire Dio e la ricchezza!”.

La parabola che la liturgia di oggi ci presenta (Lc 16,1-13) suscita un certo imbarazzo e perplessità: la parabola dell’amministratore disonesto. Questo amministratore imbroglione è lodato dal suo padrone, paradossalmente il truffato loda il suo truffatore! La lode del signore però ha un bersaglio preciso, non si riferisce alla disonestà dell’amministratore, ma alla sua astuzia (“Lodò quell’uomo perché aveva agito con scaltrezza”). Infatti, una volta scoperto dal padrone, questo economo è richiamato d’autorità e messo alla porta. Lui, per non essere ridotto alla fame, studia una strategia che gli permetterà di uscire da quella situazione cavandosela abbastanza bene: decide di convocare i debitori del suo padrone e, per ingraziosirsi il loro favore, alleggerisce l’ammontare del debito che loro hanno nei confronti del signore. Così commette un ulteriore illecito confermando le accuse a suo carico, però avrà gratitudine e riconoscenza da parte di coloro che ha beneficato.

Il discepolo di Gesù deve avere la stessa prontezza, astuzia e passione di quell’amministratore per accogliere e per annunciare il Regno di Dio. Lui ha usato astuzia per fini egoistici, i discepoli di Gesù dovranno usare quell’astuzia per portare ad ogni costo l’annuncio del Vangelo.

Alla parabola seguono alcuni ammonimenti.

I figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce”. Gesù vuol darci uno scossone e svegliarci dalla nostra indifferenza e superficialità: siamo figli della luce, ma spesso viviamo addormentati, sonnolenti e anestetizzati. Siamo figli della luce, ma preferiamo nasconderci, proteggerci e passare inosservati. Siamo figli della luce, ma non brilliamo, siamo opachi, spenti e tenebrosi.

Infine Gesù condanna la ricchezza e soprattutto colui che fa il furbo, giocando a suo favore con le ricchezze del mondo, credendosi comunque discepolo: “Non potete servire Dio e la ricchezza!”.

Quando anche noi rischiamo di affidarci più volentieri ai nostri tornaconti, al nostro utile facendone il centro dei nostri interessi, di conseguenza abbandoniamo la vera ricchezza.

La ricchezza del mondo è atea, caccia Dio dal cuore dell’uomo e ne prende il posto. Il ricco è malato di ateismo, il suo Dio è in banca e il suo cuore è lì, vicino al suo denaro.

O siamo signori per signoreggiare o siamo signori nel servire il Signore!

I figli della luce superano ogni intralcio per essere liberi, liberi di donare la vera luce per mostrare chiaramente la vera ricchezza.

Buona Domenica. Don Stefano

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